DOVE SI PARLA DI...

cucina, gatti, casa, e mille altre cose...ricette (dolci e un po' di salato), ma anche di gatti, libri, natura e tanto altro.


sabato 30 gennaio 2016

Spartacus

Un'amica di tastiera (una volta erano amici di penna o di matita, ricordate? Ma ora mi sembra più appropriato questo termine) mi ha detto che le sarebbe piaciuto leggermi sul blog più spesso. Ha ragione, sono un po' incostante. Per accontentarla ho deciso di raccontarvi la storia di Spartacus, che rimando da quando ho aperto il blog. (Contenta Pitto? La dedico tutta a te!)
Comincio col dirvi che Spartacus era un moscardino, cioè un piccolo roditore molto simile al ghiro. Eravamo più o meno nel 1996, a fine agosto. Internet per me era ancora un lontano miraggio e quindi le informazioni mi toccava cercarle in altri modi. Non avete idea di quanto sia stato difficile anche solo capire che razza di animalino fosse quel piccolo topolino che mi avevano portato i gatti. Sono andata in biblioteca e, enciclopedia della natura in mano, ho guardato le foto di tutti i roditori finché non l'ho trovato. Era molto piccolo, sicuramente strappato dal nido e ancora bisognoso di cure materne. Come nutrirlo? La tettarella del biberon dei gatti era grossa come lui e ancora non avevo scoperto il sistema del pennello (si intinge la punta di un pennellino nel latte e glielo si fa leccare. Con internet ora è tutto più facile!). Così ho preso una siringa, ho tagliato la punta dell'ago e, goccia a goccia, sono riuscita a dargli un po' di latte. Non quello vaccino, mi raccomando, agli animali non fa bene (neanche agli umani, d'altra parte, ma questo è un altro discorso). Ho usato il latte in polvere per gatti. Ma cominciamo a vedere che aspetto aveva Spartacus quando è arrivato. Scusate la qualità pessima delle foto, avevo ancora una macchina a rullino e senza obiettivo per foto ravvicinate.



 
 
Dopo pochissimo ha capito che da quello strano arnese usciva del cibo e da quel momento ha incominciato a mangiare con entusiasmo, afferrando con le zampine l'ago e leccando la goccia di latte che ne facevo uscire. Lo tenevo in una scatola dove avevo messo uno straccio e lui si infrattava sotto per dormire. La notte lo chiudevo in bagno (con tutti i gatti in giro, meglio non rischiare!) con la stufetta accesa perché la prima mattina l'avevo trovato in stato di ipotermia. Nel nido dormono tutti ammassati e non avere nessuno che lo scaldasse, anche se in casa non faceva certo freddo, probabilmente per lui non andava bene. Al mattino quando entravo in bagno lo chiamavo e lui saliva in superficie e mi correva sulla mano, contento di rivedermi. Ovviamente era per il cibo, ma a me piaceva pensare che fosse per me! Dopo un paio di settimane abbiamo pensato che fosse giunto il momento dello svezzamento. Era già cresciuto molto, assumendo le fattezze che hanno da adulti: orecchie tonde staccate dalla testa e occhietti a palla.
 


Sempre tramite la ricerca in biblioteca (com'è tutto più facile ora, basta un clic!) ho scoperto quale fosse la loro alimentazione. Sono ghiottissimi di nocciole, che mangiano praticando un buchino nel guscio. Da allora, quando trovo le nocciole forate sotto le mie piante, sorrido pensando a Spartacus.
Un giorno gli sono andata vicino dopo aver mangiato un fico. Usavo sbaciucchiarlo molto (sì, avete letto bene. Io adoro sbaciucchiare gli animali e, non ci crederete, a lui piaceva essere sbaciucchiato) e quel giorno, come mi sono avvicinata, lui ha sentito l'odore del fico: ha cominciato ad annusare freneticamente e mi è venuto il sospetto che potesse piacergli. allora gliene ho dato un pezzetto: mi spiace ancora oggi non averlo potuto filmare, tanto spassosa è stata la scena! Con le sue zampine (sembravano delle manine, facevano impressione) ha cominciato a infilarsi in bocca pezzi di fico per lui enormi, finché non è più riuscito a infilare nulla. Sembrava impazzito!
A quel punto noi ci eravamo ovviamente affezionati a lui in modo esagerato, anche perché era di una simpatia unica! Ma non avremmo davvero potuto pensare di tenere un animale chiuso tutta la vita in gabbia, per di più in una casa piena di gatti! Oltretutto stava cominciando a cambiare i suoi comportamenti adeguandosi ai suoi cicli naturali: di giorno dormiva molto di più e di notte stava sveglio, per cui cercavamo di non disturbarlo troppo. Urgeva decidere di liberarlo perché si era ormai a fine settembre e presto sarebbe dovuto andare in letargo. Così, in una tristerrima giornata di inizio ottobre, siamo andati nel bosco che c'è sulla collina alle spalle della nostra casina e l'abbiamo liberato, dopo avergli messo una casetta di legno piena di cibo appesa a un albero. Ovviamente non l'abbiamo mai più visto e il nostro cuore sanguina ancora adesso. Vi sembro esagerata? Credetemi: se solo l'aveste tenuto qualche giorno tra le mani sono certa che capireste esattamente il mio stato d'animo!
Vi lascio con l'ultima foto che gli abbiamo fatto. Poi è cresciuto ancora un pochino ma ormai si spaventava molto con il flash e non l'abbiamo più fotografato.



P.S.: Anni fa comprai un libretto molto simpatico intitolato "Millanta, la gallina canta", dove ci sono 365 filastrocche sugli animali, una per ogni giorno dell'anno. L'autrice è Nicoletta Codignola. Ce n'è una anche sul moscardino e leggendola ho pensato che l'autrice deve averci avuto senz'altro a che fare perché ha scritto questo: "Filastrocca del moscardino/ che faceva capolino/ tra la salvia e la lavanda/ rosicchiando la sua ghianda/ che così alla prima occhiata/ me ne sono... innamorata!"

sabato 23 gennaio 2016

Torta di rose vegan con frutta secca e sciroppo d'acero






Forse avrete già visto la versione classica di questa torta. Solitamente è farcita con marmellata o con burro e zucchero. Io ho pensato a una versione adatta alla stagione invernale (per via della frutta secca) e naturalmente vegana. Provatela perché è davvero buonissima! Vi do la versione Bimby, ma specifico anche come si fa senza, in questo caso tra l'altro è facilissima!



Per l’impasto: 500 gr di semola rimacinata
100 gr di zucchero
250 gr di acqua
Due cucchiai di olio evo
Lievito di birra (un cubetto o una bustina di quello disidratato)
Un pizzico di sale abbondante
Scorza di limone.

Per il ripieno: 50 gr di noci già sgusciate
50 gr di nocciole sgusciate e tostate in forno, senza pellicina
50 gr di mandorle sgusciate, anche non spellate
50 gr di pinoli
50 gr di uvetta
70 gr di sciroppo d’acero. Volendo potete usare altri sciroppi, ma quello d’acero, col suo sapore un po’ di caramello, secondo me è il migliore.



Mettere nel boccale lo zucchero con la scorza del limone: vel 9 per 15 sec (raccogliendo sul fondo a metà tempo). Aggiungere tutti gli altri ingredienti e impastare a vel spiga per tre minuti. Cambiando il tipo di farina potrebbe variare la quantità di acqua. L’impasto deve venire abbastanza compatto, soffice ma non deve assolutamente attaccarsi alle dita. (Se lo fate a mano mettete semplicemente tutti gli ingredienti in una ciotola e impastate bene). Mettere la palla in una ciotola unta e metterla a lievitare finché non raddoppia (circa un’ora e mezza. Consiglio alle meno esperte: gli impasti che devono lievitare non devono rimanere esposti all’aria, altrimenti si seccheranno e formeranno una crosticina che impedirà la lievitazione. Mettete quindi della pellicola trasparente sulla ciotola (possibilmente alta cosicché l’impasto non arrivi a toccarla durante la lievitazione e vi si appiccichi) e la ciotola nel forno con la luce accesa per avere la temperatura ideale.
Nel frattempo mettere nel boccale la frutta secca (meno l’uvetta) e macinare per una quindicina di secondi a vel 6. Oppure usate un comune robot da cucina. Deve venire macinato fine ma grossolanamente, non tipo farina. Mettere in una ciotola con lo sciroppo d’acero. Mettere a mollo l’uvetta in acqua tiepida.
Prendere l’impasto e tirarlo fino a formare un rettangolo di 40 cm per 30. Stendere su tutta la superficie il ripieno preparato e distribuire l’uvetta, scolata e asciugata. Arrotolare dalla parte più larga (in pratica avremo un cilindro di 40 cm di lunghezza), tagliare le estremità (le cuoceremo a parte, giusto per non buttare) e tagliare il rotolo in dieci parti uguali. Sistemate ogni rotolino in una teglia unta (28 cm di diametro) chiudendolo leggermente con le dita sul fondo. I rotolini devono rimanere distanti per permettere la seconda lievitatura. Coprire di nuovo la teglia con la pellicola e far lievitare per due ore. Spargere sulla superficie della marmellata diluita con acqua (opzionale) e cuocere a 180/190° per 45 minuti circa.
Ecco come si presenta prima della seconda lievitazione:


...e appena sformata: